La Cappella Sistina non è un luogo immaginario, esiste fisicamente da oltre cinquecento anni: è lunga 41 metri, larga 13, alta 21 e si può vedere, toccare e fotografare… eppure -ad ogni morte di papa- pare diventi per qualche giorno una sorta di “Regno di Fantàsia”, sospeso tra magìa e realtà, in un alone di mistero alimentato dall’impegno alla segretezza che vincola i partecipanti all’elezione del nuovo papa.

Malgrado molti pensino che si tratti di immodificabili rituali millenari, nel corso della storia le regole per eleggere il papa sono cambiate più volte: non sempre il vescovo di Roma è stato scelto con un Conclave, non sempre il voto è avvenuto a Roma e solo venticinque volte il Conclave si è svolto in cappella Sistina. 

Nella realtà sono convinto che -tra le vicende che riguardano la chiesa- l’elezione del nuovo papa sia certamente un passaggio importante e delicato, ma molto più “normale” di quanto una certa mitologia pretenda che sia. I 133 cardinali che -da mercoledì prossimo- parteciperanno alle votazioni si conosceranno meglio tra loro [lo stanno già facendo in questi giorni], confronteranno i diversi orientamenti, sosterranno diverse proposte, le motiveranno, ci ragioneranno [è anche probabile che litigheranno] e alla fine -comunque- eleggeranno il nuovo papa del quale qualcuno sarà contento e qualcuno meno.

La dinamica della costruzione del consenso non è poi così diversa da quella di analoghi processi elettorali. I soli due elementi che a me sembra caratterizzino l’elezione del papa rispetto ad altri contesti sono: l’estrema diversità culturale tra gli elettori (provengono da 71 paesi di tutti i continenti) e la riservatezza relativa al dibattito tra le diverse posizioni, alle candidature che emergono e ai “numeri” di ciascuna votazione (il tradizionale rituale delle fumate bianche o nere senza alcun commento è un po’ curioso e intenzionalmente  arcaico, ma ha i suoi vantaggi…!) lasciando così ai giornalisti, alle talpe, e ai complottisti di tutti i tipi ampio spazio di immaginazione e creatività.

L’allargamento della zona geografica di provenienza mi sembra comunque questa volta l’elemento più rilevante e significativo: benché il 39% degli elettori (53) provenga dall’Europa, solo il 12,6% (17) sono italiani; una percentuale in progressiva riduzione: gli italiani erano infatti il 22.5% nel 1978, il 33% nel 1963, il 49% nel 1922 e addirittura il 100% nel conclave del 1846 quando venne eletto Pio IX!  Questi numeri penso confermino l’evoluzione della chiesa in senso transnazionale e transculturale, una tendenza che non può non riflettersi nella definizione dei linguaggi con cui essa trasmette i suoi contenuti e in una sempre maggiore attenzione alle differenze tra le culture alle quali si rivolge.

Il gossip da conclave, invece, è sempre lo stesso: il toto-papa, il fanta-papa, il candidato preferito, il candidato da scongiurare, il vantaggio di quello che parla le lingue, di quello più conosciuto, gli outsider scovati chissà dove… simpatiche analisi che riempiono i  giornali di questi giorni destinate ad essere inevitabilmente dimenticate quando -forse già questa settimana- si aprirà il balcone su piazza San Pietro e qualcuno ci informerà che habemus papam.
A quel punto partirà il consueto rito della biografia più dettagliata, dell’aneddoto inatteso, della pronipote che proprio non se lo aspettava… niente di particolarmente nuovo. Di nuovo ci sarà invece un volto, un nome, un uomo: qualcuno a cui augurare buon lavoro come si fa con chi è chiamato a misurarsi con un compito delicato e complicato.