Il bambino di Bodrum sul bagnasciuga, i poliziotti serbi schierati al confine, i bambini di Monaco con bambole e cioccolatini, la giornalista ungherese che prende a calci i profughi siriani… un’inarrestabile sequenza di immagini forti, di commenti, di punti esclamativi, gesti edificanti alternati ad episodi orribili… una storia fatta di fotogrammi, di istantanee che colpiscono per la loro crudezza o per la loro dolcezza e ci emozionano profondamente.

Ecco, appunto, ci emozionano.

Sono certamente importanti le emozioni: rivelano la nostra sensibilità, ci fanno sentire vivi e partecipi, innescano (a volte) pensieri e approfondimenti, ci costringono (a volte) a farci domande, ci spingono (a volte) a reagire e (più raramente) ad agire, ma nella maggior parte dei casi restano confinate nell’ambito delle sensazioni occasionali, di breve durata, tanto intense quanto volatili, velocemente sostituite dai fotogrammi successivi.

Le emozioni sono importanti solo se sappiamo tradurle in altro, se siamo in grado di capire cos’è che ci emoziona, di identificarne le cause, di approfondire “a freddo” quello che ci fa piangere “a caldo”, di definirne le proporzioni, i numeri e le possibilità… insomma se non ci accontentiamo dei fotogrammi ma riusciamo a capire cosa c’è prima e a ragionare credibilmente su cosa c’è dopo.

La poesia è bellissima, ma è la prosa che fa la vita.

Buona settimana.

Amedeo Piva