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Elly Schlein, commentando i risultati delle elezioni amministrative ha rilevato che “il vento di destra è ancora forte” ed è difficile darle torto: il “vento di destra” miete convincenti successi elettorali non solo in Italia, ma anche in Spagna, Grecia, Polonia, Svezia e -con accenti diversi- nella popolosa ed effervescente Turchia. Un successo che -in molti di questi paesi- appare addirittura indipendente dai risultati economici e politici ottenuti dai governi che li hanno preceduti: Erdogan ha vinto di nuovo malgrado l’economia del suo paese vada molto male, la lira turca si sia svalutata del 50% e la gestione del dopo-terremoto sia stata criticatissima; Sanchez -in Spagna- ha perso malamente malgrado gli ottimi risultati economici, l’essere riuscito a contenere i movimenti secessionisti catalani e l’aver costruito un buon consenso internazionale.

Le destre europee non sembrano fondare il consenso sui risultati ottenuti o promessi, ma riescono a convincere gli elettori alimentando retoricamente l’illusione che esista una maniera spiccia per risolvere le cose complicate. 

Il vento di destra è dunque ancora forte, ma non sarebbe una buona idea sedersi ed aspettare pazientemente che passi come se fosse un avverso evento atmosferico, bisogna impegnarsi attivamente perché cambi, possibilmente contrapponendo ad esso un altro vento convincente e credibile.

E’ certamente giusto e importante denunciare gli strappi e le deliberazioni governative ogni volta che vengono messi in pericolo gli equilibri istituzionali tra i poteri, la progressività del sistema fiscale, la parità dei livelli sanitari tra le diverse regioni, l’umanità nelle modalità di gestione delle migrazioni… anche perché è vero che se facciamo finta di niente -passo dopo passo- rischiamo di risvegliarci in fondo al burrone quando ormai potrebbe essere troppo tardi, tuttavia ci sono un paio di “MA” che sento il bisogno di evidenziare per evitare chine scivolose.

Il primo “MA” a cui fare attenzione riguarda quello che chiamerei l’effetto Esopo, in riferimento all’antico apologo a lui attribuito noto come “Al lupo, al lupo”. Se un giorno sì e uno no, benché motivatamente, si denuncia un pericolo, si grida al fascismo e si paventano catastrofi imminenti che poi non avvengono… si ottiene l’effetto contrario: si diventa meno credibili e si spunta l’efficacia stessa della denuncia. Occorre valutare di volta in volta la gravità dei fatti e modulare i toni e la frequenza delle denunce. Il ruolo dell’opposizione non è quello dell’arbitro che accumula ammonizioni e cartellini gialli (anche perché non può rivendicare il ruolo istituzionale di garante), ma quello di tenere alto il livello del dibattito politico e sostenere in modo convincente e motivato le proprie posizioni, evitando però l’overdose di interventi perché controproducente.  

Il secondo “MA” riguarda il fatto che -per quanto giusto- denunciare le malefatte altrui non basta per costruire un consenso per sé. Occorre la costruzione “attiva” di un programma politico, non basta “ostruire”, bisogna -anche e soprattutto- “costruire” una identità il più possibile chiara e comprensibile pensando al futuro. Lavorare sui tempi lunghi e non limitarsi a giocare di rimessa.
Prendo in prestito le parole di Bersani: “La destra ha un governo e una coalizione, due cose che attraggono gli elettori. Il Pd e gli altri partiti hanno un’opposizione da fare e mostrare che è in costruzione una possibile alternativa, per evitare che i propri elettori si demotivino…;  mostrarsi presenti e battaglieri su alcuni temi identitari, come la giustizia, la sanità e il fisco”. Ci aggiungerei l’attenzione a coinvolgere le nuove generazioni offrendo opportunità formative puntuali ed efficaci, altrimenti i politici di domani saranno solo i portaborse di oggi.

Elly Schlein, reagendo al brutto risultato elettorale ha chiesto -giustamente- tempo: “mettetevi comodi, stiamo qui per restare…”; la capisco, ma non esagererei con il “comodi”.