Molti ricorderanno l’ansia, ai tempi del liceo, quando nelle traduzioni dal latino o dal greco capitava un verbo che sul vocabolario aveva quattordici significati diversi e non si capiva mai qual era quello giusto per il testo che avevamo davanti; e quando, sconcertati, chiedevamo consiglio al professore, ci rispondeva immancabilmente: “dipende dal contesto”. Abbiamo odiato quella risposta perché, oltre a non aiutarci affatto, ci sembrava un ingiusto scarico di responsabilità, tipo: “veditela tu, le cose non hanno sempre un significato chiaro ed univoco, devi ragionare, provare, rischiare, non puoi pretendere la certezza!”
Credevamo -ingenuamente- che il disagio generato dalla risposta riguardasse solo le traduzioni, e invece proprio in quella risposta era celato il vero insegnamento. Ce ne siamo resi conto dopo, nelle innumerevoli situazioni della vita in cui abbiamo dovuto decidere da soli, cercando di valutare -senza certezze- se prendere una decisione o l’altra, se ritenere un rischio accettabile o no, se fare o non fare, dire o non dire. Ora lo sappiamo che non c’è una misura sempre applicabile, un limite sempre valido: dipende, appunto, dal contesto.
Quanti di noi, solo tre mesi fa, avrebbero mai ritenuto “accettabile” dover giustificare perché uscivano da casa, definito “incoraggiante” registrare solo centocinquanta morti al giorno per una sola causa o desiderato “auspicabile” andare a mangiare una pizza con gli amici? Nessuno. Avremmo, con soggettiva sicurezza, ritenuto un sopruso intollerabile dover giustificare, una macabra tragedia il numero di decessi e ridicolo relegare la pizzeria tra i desideri. Mai dire mai: dipende dal contesto.
Maledetto contesto. Chi lo decide il contesto? Come si cambia il contesto?
In molte circostanze -e il Covid è una di queste- il contesto non lo decide nessuno, è una tegola in testa di cui avremmo tutti fatto volentieri a meno: dobbiamo solo decidere come limitare i danni. In altre circostanze il contesto può essere artefatto, costruito intenzionalmente per far apparire inevitabile una scelta, sopportabile una decisione, preferibile ciò che non avremmo mai preferito. In ogni caso il contesto, imprevedibile o artefatto, va descritto e interpretato. Ed è proprio qui che risiede il nostro margine di libertà e -conseguentemente- il nostro impegno politico: nella valutazione della narrazione che ci viene proposta e, se non la condividiamo, nel giustapporle una narrazione diversa da cui discendano scelte diverse.
Anche nella situazione attuale, man mano che ci allontaniamo dalle evidenze scientifiche stringenti della prima ora, si allarga il margine interpretativo, si differenziano gli orientamenti, emergono gli interessi e le strumentalizzazioni. Si riapre la discussione su ciò che sia più opportuno decidere, su ciò che sia meglio e per chi. Il contesto non lo abbiamo scelto, ma la sua interpretazione sta tornando nelle nostre mani, viene affidata di nuovo alla nostra responsabilità.
Non siamo più in classe e non c’è il professore a cui chiedere un consiglio, ma non ci serve, ormai la risposta la conosciamo ed è sempre quella: “veditela tu, le cose non hanno sempre un significato chiaro ed univoco, devi ragionare, provare, rischiare, dipende dal contesto”. La vita è una traduzione e sul vocabolario non c’è mai tutto quello che ci serve per capire: dritte, suggerimenti, citazioni.. ma poi la risposta giusta la dobbiamo trovare da soli (e non si può neanche consegnare in bianco).