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Siamo ad inizio giugno con l’estate davanti, il periodo che una parte del nostro inconscio si ostina a considerare la stagione delle vacanze, il momento “magico” in cui  non c’è scuola, i ritmi sono più lenti, il lavoro è interrotto dalle ferie… forse qualcuno ricorda i “governi balneari”, una sorta di sospensione decisionale fondata sul tacito accordo che “dei problemi ne riparliamo a settembre”?. 

Purtroppo la situazione che abbiamo davanti -in Italia, in Europa e nel mondo- non autorizza più “governi balneari” e pause di riflessione: le guerre in corso si inaspriscono progressivamente e non si vedono vie d’uscita; le imminenti elezioni europee -dall’esito imprevedibile- spingono tutti i concorrenti a non esporsi per essere pronti ad alleanze variabili in base ai risultati; le riforme istituzionali e di riassetto delle autonomie locali, alle quali il governo sta mettendo mano, presentano molti aspetti inquietanti e pericolosi; le difficoltà di copertura della spesa pubblica fanno temere -una volta saltato il “silenziatore” elettorale- una ulteriore contrazione della spesa sociale con drammatiche conseguenze per moltissime famiglie… e questa è solo una panoramica parziale e ripresa da lontano, ma è già sufficientemente preoccupante anche senza scendere nei dettagli.

E il futuro come sarà? La verità è che nessuno ne ha idea -come per la maggior parte delle cose!- ma non conoscerlo non ci autorizza a disperare, né a scivolare in uno sterile ottimismo di maniera o a disinteressarcene rinchiudendoci nella nostra privata comfort-zone.  Non conosciamo il futuro -è vero-, ma non per questo dobbiamo rinunciare ad immaginarlo, a fare ipotesi, a vedere se possiamo in qualche modo dare il nostro contributo a modificarlo. Possiamo e dobbiamo ragionare facendoci guidare non solo dai nostri desideri e dalle nostre emozioni, ma cucendo tra loro pazientemente argomenti, fatti, logica e buon senso: un lavoro che non serve solo a prepararci più consapevolmente al futuro, ma anche -e soprattutto- a vivere meglio il presente, costruendo speranze ragionevolmente “fondate”.

Le speranze così costruite ci aiutano ad avere -nei confronti del futuro- una “postura” più disincantata e ci evitano di focalizzare l’attenzione solo su ciò che va male (incapaci di cogliere e apprezzare i miglioramenti che pur ci sono) e di compromettere la nostra serenità di vita e di relazione. La speranza “fondata” e la postura disincantata sono gli antidoti migliori sia al pessimismo cronico che all’irenismo superficiale.

L’estate che ci aspetta non sarà probabilmente quella della nostra infanzia e giovinezza nella quale la felicità appariva quasi un obbligo, ma non è detto che sia così catastrofica come potrebbe sembrarci: una parte è affidata, appunto, alla nostra capacità di mantenere una postura positiva.

A settembre ci ritroveremo per fare il punto della situazione e aggiustare il tiro sulle nuove speranze da costruire. 

Buona estate.