Ci siamo. Mio figlio, abituato a vederlo spoglio, mi ha fatto notare oggi che l’albero di melograno sotto casa ha messo le foglioline nuove. E di colpo i parchi della città sono pieni di bambini che ruzzolano, cani lanciati in corsa, anziani sottobraccio a passeggio.

Sta tornando la primavera, dopo un inverno che qui a Roma è stato mite, ma ostinatamente piovoso.  

Già questo prevalere timido dei raggi del sole sulle nuvole può bastare – soprattutto a chi non aspetta altro – per credere in una riscossa, in un sospirato cambio di passo.

Quello insomma che il mio direttore chiama “un necessario risveglio”. E in attesa che il nostro giovane premier ci stupisca con i fuochi di artificio dei suoi Job Acts (rinviati a data da destinarsi, contrariamente alle promesse che volevano il tutto scodellato e messo in pratica entro marzo) o che il ministro Boschi si lasci giudicare per le sue riforme (“e non per le mie forme”…), perché non pensare a qualche appiglio cui ancorare la sacrosanta voglia di gettare via un po’ del torpore invernale?

Il primo suggerimento mi viene da un articolo sul Corsera di oggi di Pierluigi Battista, in cui si encomia l’autoironia con cui il regista premio Oscar Paolo Sorrentino ha accettato, dalle mani del sindaco Marino, la cittadinanza onoraria della Capitale (“grazie ai funzionari che si sono opposti, nessuno meglio di me può comprenderli perché io al loro posto avrei fatto esattamente la stessa scelta”). Perché, come recita il titolo del pezzo “non prendersi troppo sul serio può valere più di un premio”.

La fiera delle banalità? Non proprio. Chissà cosa ne pensano di questo invito alla moderazione e all’understatement i simpatici delegati dell’assemblea del Pd Lazio che ieri si sono presi a tessere in faccia e sono quasi venuti alle mani durante l’elezione del nuovo presidente del partito laziale.

Forse la coscienza dei propri (evidenti) limiti e anche del trascurabile peso che si ha nell’economia del mondo potrebbe essere l’occasione buona per imparare finalmente la necessaria misura.

Il secondo appiglio, in questa ideale wishlist marzolina, potrebbe essere invece la parola generosità. “Una qualità importante, come ci ricorda Beppe Severgnini in un suo articolo, “forse la più importante”. Perché “in un’Italia drogata di parole”, a portare un po’ di luce “talvolta sono grandi fatti, talvolta sono piccoli gesti”. E “perché chi è generoso –  continua Severgnini – è un salvagente: riesce a far galleggiare il mondo”.

Come a dire: quando siamo inclini ad azionare il grammofono e mettere su il vecchio disco con le lamentazioni, potrebbe essere utile fermarsi e guardarsi un po’ intorno. E solo dopo riprogrammare le proprie parole e azioni.

Infine l’ultimo piolo cui sorreggersi nel cammino di fuga dall’inverno: la speranza. Virtù che, come mi ha ricordato un mio amico gesuita, è notoriamente l’ultima a morire, “ma la prima ad ammalarsi”. Una scelta che si potrebbe liquidare come da insensati e da cuori frolli, specie di questi tempi. Ma tanto più indispensabile, e proprio in ragione di questa innegabile difficoltà.

Oggi il pallone con cui mio figlio giocava a Villa Pamphili è finito vicino a una coppia con un bimbo più o meno dell’età di Gabriele, sui due anni. Bellissimo, timido e down. I due hanno iniziato a giocare insieme, fregandosene allegramente di noi genitori. E dell’erba che macchia i pantaloni, della merenda che aspettava a casa, della fontana dove il pallone rischia di finire “e poi non lo prenderai mai più”. Senz’altro un buon invito a non disperare.

E visto che la settimana scorsa si è  parlato nella newsletter di “nuove sfide da raccogliere” (LINK) – spinta anche dalla bella luce di questa domenica –  sono tentata pure io di mettermi nel club degli speranzosi. Categoria primavera.