Tra due settimane saremo chiamati al voto per il rinnovo del parlamento europeo. In giro per la città si vedono spesso manifesti con volti già visti, slogan sentiti e risentiti.
Inutile nascondersi dietro a un dito. L’incubo per chi si occupa di politica in modo non episodico è non solo la minaccia dell’astensionsimo dilagante. Ma anche il prevalere massiccio di proposte di stampo “neo-populista”.
Una categoria sfuggente? Tutt’altro, ci spiegano Guido Bolaffi e Giuseppe Terranova nel recente saggio “Marine Le Pen & Co. Populismi e neopopulismi in Europa”, lavoro che sarà al centro del nuovo incontro proposto da Praxis giovedì 15 maggio in via Margutta.
Tutti abbiamo ancora in mente i titoli dei giornali sui risultati delle elezioni amministrative francesi dello scorso marzo, quando il Front National guidato da Marine Le Pen ha conquistato ben 13 città, inclusi due grandi centri come Frejus e Beziers.
“Stasera non finisce solo il bipartitismo in Francia. Finisce la distinzione tra destra e sinistra in Europa. La vera lotta è tra l’alto e il basso della società”. Con queste parole muscolari la figlia del fondatore del Front National, all’indomani del successo conseguito al primo turno di voto, ha commentato i risultati del suo partito.
Chi sono allora questi “neo-populisti”?
Non sono di destra, non sono di sinistra. “Non sono antidemocratici, ma anti-istituzionali, perché nemici di qualsiasi forma di mediazione frapposta tra il popolo e l’esercizio effettivo del potere”, chiariscono Bolaffi e Terranova nel loro saggio, edito da goWare con FIRSTonline. “I populisti applicano sistematicamente ai fatti una griglia di lettura manichea che è appunto il cardine della loro retorica politica: l’opposizione tra potenti predatori e popolo innocente. Si immaginano e si comportano come una sorta di difensore civico del popolo”.
Una lettura banalizzante della realtà evocata da argomenti tutt’altro che evanescenti. I “nemici” contro cui si battono sono noti, e condensati dai due autori nella sequenza “crisi economica, immigrazione ed eurocrazia”.
In concreto, questi movimenti cercano di dare voce ma soprattutto sfogo alle domande di sicurezza, di giustizia fiscale, di difesa delle identità nazionali, oltre che di sviluppo e lavoro di una parte non indifferente dell’elettorato. Temi inevitabilmente sentiti dalle fasce più deboli e impaurite della società.
Quel “popolo”, insomma, che, nella proposta dei neopopulisti, viene presentato come “depositario di tutte le virtù politiche e sociali”, e quindi – come evidenziano sempre Bolaffi e Terranova – da difendere “dai raggiri machiavellici dei ceti dominanti”.
A proposito di neopopulismi nostrani. Il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz ha paragonato ieri il leader del M5S al vento, aggiungendo “come si fa a giudicare il vento? Non vedo sostanza”. Ma il vento, nella sua inconsistenza, può produrre danni. E non pochi.
Le letture veloci e semplificanti, seppure nella forma accattivante della “pop-democrazia” (vedi recente editoriale su “Aggiornamenti Sociali” di Giacomo Costa SJ) rischiano di portare alla ribalta soluzioni apparenti, disancorate dalla realtà.
Figlie, per di più, di quello che Felice Celato ha chiamato “pensiero unico aggregato” (con un acronimo onomatopeico “PUA”).
“Il pensiero aggregato non è (necessariamente e sin dall’inizio) conformità delle posizioni ma (soprattutto) conformità dei criteri e dei metri di giudizio e, conseguentemente del linguaggio”, scrive Celato. “E la conformità del linguaggio porta con sé inevitabilmente nel breve/medio periodo, la conformità dei concetti e, quindi, dei sentimenti ed infine, nel medio/lungo periodo, dei fatti, secondo la nota sequenza che porta le parole a diventare concetti, i concetti sentimenti e i sentimenti fatti”.
Noi contro loro, alto contro basso. E in mezzo? Il niente.
“Il populista cerca il potere per difendere il “popolo” dai cambiamenti imposti solo dallo strapotere degli “altri”. Chiede di cambiare per non cambiare”, sottolineano Bolaffi e Terranova.
Un ostinato rifiuto del principio di realtà che – mai come ora – non possiamo permetterci.