E un giorno ti rendi conto che tua madre non si ricorda più come si prepara la pasta con i funghi. Lei che è sempre stata così brava a cucinare con pochi ingredienti piatti saporiti, pieni di equilibrio.

Che ha cresciuto letteralmente una famiglia, senza clamori e sempre con il sorriso.

Spesso è un passo simile quello che attende i parenti e gli amici degli oltre 700mila malati di Alzheimer che vivono in Italia.

Una malattia degenerativa spietata, che disgrega la personalità e infine il corpo della persona. E insieme, troppo spesso, capace di distruggere interi nuclei famigliari, ridotti a spettatori silenziosi e impotenti, atterriti da questa vera e propria tempesta che arriva portandosi via, giorno dopo giorno, la persona amata.

Troppo facile chiudersi in casa, troppo crudele aspettare una risposta da parte delle sanità pubblica, una risposta che non arriverà mai.

Con le Asl tutte prese a certificare e prescrivere farmaci, spesso inutili. E i municipi impossibilitati per mille ragioni a offrire servizi rivolti alla persona.

Perché della spaccatura tra sociale e sanitario, si sa, nel nostro Paese si può ancora morire.

E allora? Grazie a Dio e alla buona volontà di tanti cittadini, sono nate bel tempo delle preziosissime associazioni. Come Alzheiemr Uniti Roma Onlus, che dal 1999 propone risposte efficaci ai malati e alle loro famiglie (LINK).

Centri diurni, assistenza domiciliare, percorsi di riabilitazione, luoghi di incontro dove i famigliari e i caregiver possano mettere in comune le esperienze vissute.

Tutto per recuperare quella che lo psicoterapeuta Pietro Vigorelli ha definito, a proposito della malattia, come “la felicità possibile”.

Figura centrale in questo percorso è la professoressa Luisa Bartorelli, medico geriatra,  presidente di Alzheimer Uniti Roma e amica di Praxis fin dai primissimi passi della Scuola di politica e territorio.

Con la sua insostituibile associazione la dottoressa Bartorelli sta riuscendo a disgregare, attraverso un cammino di “umanizzazione dei servizi” un male ancora peggiore dell’Alzheimer: la paura, la rassegnazione all’isolamento.

Perché contro l’Alzheimer, si sa, alla fine la battaglia si perde sempre.

Ma attraverso i percorsi proposti dall’Associazione, che distinguono tra il semplice curare e il  prendersi cura della persona e delle sue esigenze, al termine del cammino si potrà leggere sulle labbra della persona amata, come cita la professoressa in un suo bellissimo contributo:

Oggi è un bel giorno per morire, perché tutte le cose della mia vita sono qui”.