Nel paese tutti si lamentavano dei politici e della politica.

I partiti litigavano in continuazione, facevano coalizioni elettorali per rimetterle in discussione subito dopo le elezioni e ogni decisione naufragava nel mare dei “però” e dei “ma anche”.

Il governo era in difficoltà: “Frammentato -dicevano tutti- questo non è un governo, è un pollaio dove ogni gallo vuole cantare più forte dell’altro. Il leader è debole. Non durerà”.

E infatti non durò.

Nel paese tutti si lamentavano dei politici e della politica.

Tornarono a votare e questa volta il governo era forte, anzi fortissimo, la maggioranza in parlamento schiacciante, il leader indiscusso. Le camere gli votavano qualunque legge.

Eppure non funzionò: il governo era così forte che pensava di potersi permettere tutto, anche di infischiarsene dei debiti, degli altri paesi, della coerenza, della credibilità.

E si ritrovò in difficoltà: “E’ esagerato -dicevano tutti- questo non è un governo, è una processione medievale di cortigiani e cortigiane a rimorchio del sovrano. Il leader è solo e non è più credibile. Non durerà”.

E infatti non durò.

Nel paese tutti si lamentavano dei politici e della politica.

Nel frattempo però la situazione economica era così compromessa che non c’era neppure più il tempo per tornare a votare e si decise di affidare il governo a persone che -per la loro competenza-  potessero entrare nel merito dei problemi e trovare soluzioni con maggiore autonomia dei cortigiani e minori timori di chi prima o poi avrebbe dovuto farsi votare.

Ma la gente riprese a lamentarsi: “Non sono abbastanza politici… troppo tecnici”; “Sono troppo politici, altro che tecnici!”; “Sono troppo freddi e distaccati”; “Troppo emotivi, piangono in diretta tv”; “Qualcuno ha le orecchie a sventola; “Marionette di occulti burattinai…”. Questo non è un governo, è una squadra di burocrati. Non durerà.

Il paese in fondo voleva solo politici competenti, seri, efficienti, che facessero quadrare il bilancio, che risanassero il debito e rimettessero in moto l’economia, la competitività e l’occupazione, realizzando rapidamente riforme strutturali della giustizia, della sanità, delle pensioni, della scuola e della pubblica amministrazione. Il tutto impostando una perfetta politica fiscale (così perfetta che sembri equa a tutti allo stesso tempo), ottenendo risultati in tempi brevi. Ovviamente con creatività, simpatia e leggerezza. E’ forse chiedere troppo?

Si. E’ chiedere troppo. Ma in Lamentastan non lo capiscono.

Se non è così non è un buon governo. Non durerà”.