Ieri il primo forum di Praxis del 2013, un incontro in vista dell’appuntamento elettorale del 24 e 25 febbraio che, tra gli altri cambiamenti, porterà al rinnovo del consiglio e alla elezione del nuovo presidente della Regione Lazio.

Luigi Vittorio Berliri, presidente di Spes contra spem (LINK), punto di riferimento indiscusso per quanti si occupano di assistenza alla disabilità nel Paese, ieri ha dialogato con Claudio Cecchini, assessore uscente alle Politiche sociali della Provincia di Roma e candidato nella Lista civica che sostiene Nicola Zingaretti nella corsa verso la Pisana.

Il tema era dei più impegnativi. Si è parlato di integrazione tra la sfera del sociale e quella del sanitario in ambito regionale, un argomento di prima importanza per chiunque ambisca a governare davvero il territorio del Lazio.

Un argomento tutt’altro che astratto, come sa bene chiunque abbia vissuto magari un’esperienza legata alla disabilità, in prima persona o nella propria famiglia. Un frangente doloroso in cui il termine burocratico “presa in carico” – che sembra riferirisi più a un fardello che a una persona – nasconde nella realtà mille drammatiche storie di ordinaria confusione, sintetizzabili nella domanda: “a chi dovrò mai rivolgermi, chi potrà dare risposta a un bisogno ineludibile di una persona in difficoltà?”.

Non è un segreto infatti che nella Regione coesistano – malamente – due ambiti molto diversi sotto l’etichetta “socio-sanitario”: quello che Cecchini ha definito la “sanità-sanità”, vale a dire la dispendiosa rete ospedaliera regionale e la “sanità territoriale ad alta valenza sociale”. Definizione quest’ultima che include le tante preziose esperienze di assistenza residenziale, i centri diurni, le tante iniziative finalizzate a migliorare la qualità della vita e il livello di inclusione delle persone più fragili.

Tutte esperienze fondamentali, ma lasciate, come ha ribadito Cecchini, “in un cono d’ombra” rispetto alla realtà della sanità ospedaliera. Che da sola occupa, come è noto, buona parte della spesa regionale impegnata nel capitolo sanità.

“Dobbiamo aprire fin da subito nella Regione una stagione di produzione legislativa e di rinnovamento – ha affermato Cecchini, che ha aggiunto – le tre, quattro grandi leggi fondamentali devono essere fatte subito, nel primo anno. È necessario infatti del tempo, più di una singola legislatura, perché diventino davvero operative. Perché la legge di carta diventi carne viva”.

Come affrontare dunque questa difficile riforma per rendere possibile la piena integrazione dei due ambiti? Le strade da percorrere possono essere diverse. “Si devono immaginare nuovi modelli di governance, formulazioni di riassetto più efficaci” ha spiegato Cecchini.

Come ha sottolineato nel suo intervento Fausto Giancaterina, la questione socio-sanitaria nel Lazio risente in prima battuta di due mali radicati: da una parte “la resistenza al cambiamento delle professioni, specialmente dei tecnici, dei medici”. Dall’altra, l’esiziale “incancrenita cultura della separazione tra sociale e sanitario”. Mentre servirebbe una “presa in carico multidimensionale della persona, basata su una visione di insieme, olistica”.

Antonio Mazzarotto ha posto quindi all’attenzione l’esistenza di un approccio “sanitiaristico, prestazionale” anche nei servizi di assistenza alla persona. Una condizione aggravata dal fatto che “la mano destra non sa quello che fa la sinistra”, perché spesso le misure di intervento vengono erogate da soggetti istituzionali diversi, come la regione e il comune, che agiscono nella beata ignoranza l’uno dell’altra.

Una irrazionale separazione tra competenze capace tra l’altro di gettare le famiglie delle persone bisognose di assistenza, prima di capire cosa chiedere a chi, nel caos più totale. Per non dire nella disperazione.

La soluzione proposta da Cecchini è allora ripartire da un “progetto di vita”, in grado di “ottimizzare l’esistente, ma pensato realmente in funzione dei bisogni della persona. Che dovrà essere seguita da una equipe multidisciplinare”.

Altro passo decisivo: smettere di pensare al mondo del sociale secondo una logica “sanitaria”. Un esempio portato dal bravo Antonio Finazzi: il calvario dei percorsi di accreditamento vissuto dalle strutture residenziali che accolgono persone con disabilità. Vere e proprie abitazioni, ma trattate dalla legislazione regionale come se fossero tante case di cura.

Per arrivare al paradosso, ricordato da Luigi Vittorio Berliri, di un casa famiglia – un appartamento –  dove vivono sei persone disabili, in cui si è stato obbligatorio, per ottemperare alla legge, allestire una camera mortuaria.

“Non si può mettere sullo stesso piano il gruppo appartamento ad alta vocazione sociale con la casa di cura da 80 posti” è stato il commento di Cecchini, che ha aggiunto: “Dietro alla burocrazia si nasconde anche qualche malaffare”.

Ha chiuso quindi il bel dibattito il padrone di casa di Praxis, Amedeo Piva, che del programma di Zingaretti è anche il responsabile. “La condizione in cui si trova il Lazio è peggiore di quella in cui versa lo Stato, tanto per la situazione finanziaria che per il disastro prodotto dalla burocrazia”.

E ha aggiunto: “Si parte da una situazione di tragedia. Per questo il titolo scelto per il programma di Zingaretti, che probabilmente sarà presentato venerdì 1 febbraio, è “Diamo una Regione al Lazio”. Ricostruire l’apparato, la struttura amministrativa, e insieme ricreare il senso di identità, di appartenenza. Non è un caso  – ha proseguito Amedeo – che lo stemma della Regione sia solo la somma notarile degli stemmi della Capitale e delle altre quattro province. Ci vuole invece una rivoluzione. Per questo Zingaretti ha deciso di non ricandidare nessuno dei precedenti consiglieri regionali. Una scelta sofferta ma necessaria, perché impone un cambiamento radicale”.

Quale sarà allora questo cambio di passo? “La creazione di una vera squadra. Un’opportunità di rivoluzione”.

E la serata si è chiusa infatti con una citazione di un eroe di gioventù del presidente di Praxis, niente meno che Ernesto Che Guevara: “la rivoluzione è come una bicicletta: se non si pedala, si cade”. 

L’impressione è che le tante persone impegnate a portare avanti il progetto di una nuova regione insieme a Zingaretti siano da tempo e senza cedimenti in movimento.