Il 22 dicembre dello scorso anno, in occasione degli auguri natalizi ai suoi collaboratori, Papa Francesco ha accantonato i tradizionali convenevoli e ha inaspettatamente colto l’occasione per elencare i quindici “peccati” di cui soffre la curia romana e ricordare a tutti l’urgenza di un profondo cambiamento e di una autentica conversione. [QUI]

Un momento di “verità”, inatteso e politically incorrect, che ha fatto storcere il naso a più di un commentatore; non per il contenuto delle affermazioni di Papa Francesco, ma perché -si sa- i panni sporchi si lavano in casa.

Tra i peccati elencati, uno dei più gravi è quello che il papa ha definito “schizofrenia esistenziale”, la “malattia di coloro che vivono una doppia vita, frutto dell’ipocrisia tipica del mediocre e del progressivo vuoto spirituale che lauree o titoli accademici non possono colmare. Una malattia che colpisce spesso coloro che, abbandonando il servizio pastorale, si limitano alle faccende burocratiche, perdendo il contatto con la realtà, con le persone concrete. Creano così un loro mondo parallelo, ove mettono da parte tutto ciò che insegnano severamente agli altri e iniziano a vivere una vita nascosta e sovente dissoluta. La conversione è urgente e indispensabile per questa gravissima malattia“.

Ora, a distanza di un anno, mi sembra proprio di poter dire che la decisione di papa Francesco sia stata giusta e lungimirante, non solo sul piano tensione alla verità, ma soprattutto su quello che allora sembrava essere il suo punto di debolezza: l’immagine “sporcata” offerta in pasto ai media.

E’ proprio l’aver “sporcato” quell’immagine, l’aver detto pane al pane e vino al vino, l’aver chiamato “peccato” ciò che ipocritamente veniva taciuto a consentire oggi di prendere le distanze dai molti episodi emersi successivamente che di quel “peccato” hanno dato purtroppo conferma. E’ la verità affermata senza paura ad evitare oggi che si faccia di ogni erba un fascio. Nessuna generalizzazione: atteggiamenti e comportamenti sbagliati vanno chiamati con il loro nome, ma -quello stesso giorno- Papa Francesco ha concluso il suo discorso ricordando che «i sacerdoti sono come gli aerei, fanno notizia solo quando cadono, ma ce ne sono tanti che volano

Non sarà che dietro l’apparente ingenuità mediatica si nasconde invece una saggezza matura e illuminata?