All’università il professore di sociologia della comunicazione ci insegnava a chiederci: “Si parla delle cose perché sono importanti o sono importanti perché se ne parla?”. Oggi, probabilmente, riformulerebbe il concetto: “Se di una cosa si parla come se esistesse, è poi così importante che esista davvero?”.

Nel suo pezzo Il testo seguirà (con calma) sul Corriere di sabato  (QUI), Michele Ainis ironizza sull’ormai consolidato stile governativo di annunciare con enfasi leggi importanti (azioni, misure, provvedimenti, interventi) prima che queste prendano forma definitiva, proclamare l’accordo su intenzioni, titoli, slide, linee guida (nuove fonti del diritto? – si chiede Ainis) e poi considerare quasi un dettaglio il dare corso a quanto annunciato, arrivando al paradosso di assistere a scontri tra sostenitori e avversari di un provvedimento che ancora non c’è: “accade che gli studenti scendano in piazza contro la Buona scuola, pur essendo una riforma ancora senza forma”.

Forse sarebbe meglio accontentarsi -ogni tanto- di essere meno “splendidi” ma più concreti: quando si parla di lavoro, stipendi, debito e spending review i numeri valgono più dei superlativi.

Sappiamo tutti che l’immagine è importante, ma la credibilità lo è ancora di più; la prima si può ricostruire, sulla seconda la chirurgia plastica non funziona.