Nessuna cosa -per quanto buona- è tale per cui una quantità maggiore è sempre meglio di una quantità minore, al contrario -come affermava il famoso antropologo Gregory Bateson- «per tutti gli oggetti e le esperienze esiste sempre una quantità con un valore ottimale; al di sopra di esso la variabile diventa tossica, scendere al di sotto di quel valore significa subire una privazione.»

Insomma il troppo storpia. Vale per il cibo, la temperatura, le relazioni, il divertimento e vale anche per le notizie. Diventa allora importante darsi un criterio per capire qual è il valore ottimale; ci sarebbe utile una tabella di riferimento come quella delle analisi del sangue che, a fianco del valore rilevato, riporta quello che sarebbe il valore giusto, o almeno la coppia di valori entro i quali possiamo stare tranquilli, ma -nel caso della quantità di notizie che seguiamo- la tabella dobbiamo farcela da soli.

Di certo non possiamo prestare attenzione a tutto. Abbiamo bisogno di selezionare le informazioni importanti, o quantomeno identificare le informazioni che incidono sulle nostre opinioni e sul nostro comportamento e quelle che non incidono affatto. Dobbiamo imparare a distinguere tra «rumori» e «segnali» all’interno del flusso di notizie quotidiano e prestare attenzione soltanto ai secondi ignorando i primi, informazioni casuali del tutto inutili per qualunque scopo.

Il rischio di overdose è elevato e con esso anche quello di contrarre il “pregiudizio di negatività”, cioè la tendenza a prestare più attenzione agli stimoli negativi rispetto a quelli neutri o positivi. E’ un problema di quantità e di qualità.

Come quando facciamo ordine in armadi e librerie, dobbiamo imporci di selezionare quello che è bene tenere e quello che è meglio lasciar andare: per prima cosa dobbiamo selezionare i temi che davvero ci interessano e sui quali riteniamo importante essere aggiornati (la scelta del sindaco e le politiche sulle migrazioni le immagino prevalere sulla dieta intermittente e la fioritura dei ciliegi in Giappone), poi la selezione delle fonti secondo il nostro criterio di affidabilità (un solo suggerimento: la pluralità delle visioni per evitare l’effetto “bolla” nella quale tutti sembrano pensarla come noi) e infine -soprattutto sui social- la selezione delle reazioni (leggere un post di qualcuno che stimiamo è interessante, le centinaia di commenti nei quali assertori e detrattori si accapigliano spesso lo è molto meno!).

Per evitare il rischio di overdose di notizie occorre fare attenzione anche ad un altro aspetto che spesso sottovalutiamo: l’inutilità della ripetizione. Se ascoltiamo cinque volte il TG nella stessa giornata o consultiamo il giornale su internet dieci volte al giorno è probabile che il 90% delle notizie, dei commenti e dei servizi sarà immutato. Quando i giornali erano di carta uscivano solo una volta al giorno: non eravamo informati in “tempo reale”, ma sapere ciò che succede ogni mezz’ora aumenta la quantità molto più di quanto non aumenti la qualità dell’informazione. Per la qualità serve piuttosto approfondire le cause degli eventi e il contesto in cui si inquadrano così da poter comporre il nostro giudizio con maggiore consapevolezza e convinzione.

Tutti ci auguriamo che questa pandemia passi presto e con essa l’ansia di essere ossessivamente aggiornati sull’andamento dei contagi, dei decessi e degli indici di trasmissibilità…: incontrarci fisicamente, viaggiare, tornare al cinema e in pizzeria ci aiuterà anche a guarire dall’overdose di notizie e a riscoprire il gusto di stare insieme, e insieme ragionare, capire, decidere come costruire un futuro più sereno.