Quando in America cominciò a farsi strada l’dea di abolire la schiavitù, i bianchi si convinsero che la liberazione degli schiavi sarebbe stata estremamente dannosa per la società e che l’economia americana sarebbe crollata. Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, scrisse a proposito della schiavitù: «Abbiamo preso il lupo per le orecchie, ma non possiamo né tenerlo né lasciarlo andare senza farci del male. Abbiamo la giustizia da una parte, e l’autoconservazione dall’altra».
L’apocalittica profezia fu smentita e sappiamo come è andata a finire: la schiavitù fu abolita, l’economia non crollò e la società americana sopravvisse e si consolidò proprio sull’idea della parità dei diritti fra tutti i cittadini.
Questo non significa necessariamente che Jefferson fosse una talpa e Lincoln fosse un’aquila, ma che non sempre quelle che appaiono certezze ineluttabili vengono poi confermate dalla storia.
Oggi, siamo tutti d’accordo sull’urgenza della costruzione di una Europa politica, capace di affrontare le nuove sfide dell’economia, delle migrazioni e della sicurezza con maturità e lungimiranza, senza concessioni al ribasso, indulgenze verso i protezionismi e –soprattutto- senza cedimenti verso i neofascismi serpeggianti. In un recente articolo Angelo Panebianco (QUI) rileva che “al momento, di questa Europa non v’è traccia” e che la continua evocazione dell’Europa politica sta diventando una inconsistente “giaculatoria”.
Da questa amara e condivisibile constatazione fa poi derivare però una di quelle certezze ineluttabili del tipo di quella di Thomas Jefferson, e cioè “che le unificazioni politiche non si fanno col burro ma con i cannoni. Sono sempre state guerre e minacce geopolitiche a innescarle”. Insomma se vogliamo costruire una Europa davvero unita dobbiamo per forza fare una guerra? Siamo proprio sicuri che l’idea di Europa unita passi per le bocche dei cannoni?
Stiamo dimenticando che negli ultimi quindici secoli l’anima dell’Europa si è forgiata più nei monasteri benedettini che nei campi di battaglia, che in quei monasteri si sono cristallizzati lo spirito, la forza e la tensione che hanno generato l’uomo e l’anima continentale: un lavoro lento ma continuo, che fece passare da una diversità di popoli a una comunità coesa.
Stiamo dimenticando che l’idea stessa di unità politica europea, prende il via con Spinelli, Schuman e De Gasperi dopo la guerra proprio per evitare il ripetersi di tragedie come quella che si era appena conclusa.
Nessuno è così ingenuo da credere che la forza non serva mai e che tutto si possa risolvere davanti a una tazza di the, ma la maturità e l’unione politica è nel trovare la soluzione ai problemi, non nell’imboccare le apparenti scorciatoie delle guerre sante. Non sempre quelle che appaiono certezze ineluttabili vengono poi confermate dalla storia.